Amore Perduto

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Giulia Petreri.

Se ti dicessi che ero in un periodo di vuoto.
Un blackout dell’anima.
Un insano spiraglio di follia nell’angolo più remoto della mia mente.
Se ti dicessi che quella sera, prima della tua partenza, ti guardavo con amore e con rassegnazione.
Ti guardavo con speranza e con dolore.
Se ti dicessi che c’era anima lì dove la follia non aveva lasciato spazio per nient’altro e quasi non mi aspettavo di trovarla e sentirla emergere nel fondo di tutti quei palliativi!
Quando niente ha sapore ho trovato gusto! Tu avevi gusto, tu eri sapore, tu eri luce! Eri emozione, la ruota panoramica da cui osservare il bello della vita.
Mi portavi fin su, dove le nuvole si dissipavano per farci vedere meglio.
Eri la prospettiva migliore, per il ritratto migliore, si! Tu eri luce per la fotografia che avrebbe segnato ogni mio ricordo più lucido. Ma eri anche la montagna russa, ed io non sono mai stata capace di resistere sfrecciando senza pensare.
Io dovevo rallentare, avevo bisogno di vivere sulla terra ferma rallentando e fermandomi per riflettere.
Riflettere ecco cosa feci, mi persi nella riflessione finché la mia mente si offuscò.  Persi i tuoi sorrisi, mi persi nei miei dubbi, nella cenere dell’ultima sigaretta fumata senza timori. Se soltanto fossi stata capace di fermare quei rumori nella mia testa. Il ronzio che mi impediva di essere sincera! Ti persi trovandoti!
Mi persi trovandoti, mi persi perdendoti! Adesso riflettere mi porta a te.
Ciò che ci tenne separati, mi incatenò a te e ciò che sfuggì al mio controllo, al mio dunque, al mio rallentare, fu quell’amore che non si placò mai.

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