Testo Di Riflessione

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Maria Seghenzi.

La vita di Angela non nera stata facile, tutta una serie di vicissitudini nefaste, l’avevano portata ad isolarsi dal mondo. Usciva raramente, non aveva amici e trascorreva i suoi giorni sempre immersa nei suoi tristi pensieri.

Quel giorno di luglio però, uno strano inaspettato quanto improvviso impulso la sollecitò ad uscire di casa.
Si vestì in fretta e furia e si avviò verso il lungomare cittadino. L’aria era calda tipica delle giornate Estive.
Sul viale le aiuole verdi e ben curate erano adorne di fiori. Nella spiaggia sottostante, la sabbia dorata brillava sotto i raggi del sole creando bagliori multicolori. Sul mare azzurro e calmo, spiccavano candide e maestose le navi da crociera, in rada per via del Covid. Una brezza fresca e profumata di salsedine spirava dolcemente e mitigava la calura estiva.
Il panorama era splendido, sembrava un quadro d’autore, tanto tutto era perfetto, ma Angela non badava a tanta magnificenza. Il suo cuore, ormai compresso da troppo tempo in una morsa di dolore e la tristezza perenne le impedivano di ammirare tanto splendore.

Camminava spedita, apatica e indifferente a tutto ciò che la circondava quando improvvisa un’ombra le si parò innanzi.
La sorpresa fu tale che sul momento non riuscì a reagire, suo malgrado si ritrovò ad ascoltare le suadenti parole che lo sconosciuto le stava gentilmente dicendo. Il suo cuore ebbe un sussulto e un brivido la percosse.
Sollevò lo sguardo incredula, e incrociò due occhi neri e profondi che la fissavano amorevolmente, mentre due labbra grandi e carnose pronunciavano frasi tenere e dolci. Angela era frastornata sorpresa e incredula, come poteva quello sconosciuto parlarle d’amore? voleva scappare ma la delicata insistenza la disorientò.
Non era preparata ad un simile incontro, inoltre quelle frasi, ormai sconosciute da tempo quei modi gentili e rassicuranti, la forte chimica che sentiva si stava sprigionando fra loro la intimoriva. Voleva scappare ma lo sconosciuto le prese amorevolmente una mano continuando a parlarle. Il calore di quel tocco sembrava trafiggerle l’anima come una lancia infuocata. Istantaneamente, la tetra coltre di nubi che avviluppava il suo cuore si dissolse come neve al sole.
Era confusa smarrita ma contemporaneamente si sorprese a desiderare che quell’attimo fosse interminabile e pur lottando con sé stessa per non cedere finì per ritrovarsi abbracciata a lui. Restarono a lungo abbracciati, senza parlare, ascoltando solo il battito dei loro cuori e in quegli istanti capirono che qualcosa di speciale e di molto prezioso stava sbocciando fra loro.

POTENZA DELL’AMORE, che si manifesta nei modi, nei luoghi e nei momenti più impensati, a volte come in questo caso, magari anche con la complicità di un panorama mozzafiato e alla magia di un giorno d’Estate.

Storia Di Una Brava Persona

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Maria Seghenzi

Eccome qua, So io la brava persona, So Nerone, er pazzo, e voi ve chiederete: mbè che ce stai a fa qua?
Tu sei morto da quasi 2000 anni.  So sceso perché state a di che so stato un imperatore un po scemo, ma mica è tutta colpa mia. A me risulta che in famiglia, forse, ero quello con più giudizio.
Ma vedete, noi che siamo lassù, ogni tanto se innervosimo a senti tutte le cazzate che dite quaggiù, ed allora so sceso… più che altro per fare chiarezza… E mo me presento per bene: so Lucio Domizio Enobarbo, so nato ad Anzio (prima dello sbarco degli americani) il 15 dicembre del 37 D.C. e so l’ultimo imperatore della dinastia Giulio Claudia. La prima a regge l’impero Romano. Mi madre Agrippina minore era un gran manipolatrice ed era pure tanto ambiziosa. Per una poltrona de potere avrebbe fatto carte 48, infatti congiurò anche contro suo fratello Caligola… nantro bono.
Ce teneva tanto a famme diventà Imperatore, perciò convinse l’allora Imperatore Claudio, che era suo marito, e pure suo parente, ad adottamme. Dopo che l’ebbe convinto… pensò bene di avvelenallo cosi potevo diventare io imperatore.
Me cambiò er  nome e me fece chiamà Nerone, e, per famme capì quarche cosa de sto mondo, me affidò a Seneca, che era un gran brava persona. Poi, Ero ancora ragazzino e me fece fidanzà con Ottavia, figlia di Claudio, che ancora non sapevo dove mettere le mani….. ed altro pe completà l’opera me ce fece sposà con Ottavia.
Pure stò matrimonio era tutto in famiglia. Fui il più giovane Imperatore, avevo 17 anni ed ero circondato da tre figure…
a di poco ingombranti: mi madre Agrippina minore, Seneca ed il Prefetto al Pretorio Burro. Io non so stato mai cattivo, un po’ matto si,    ma non cattivo, a me me c’hanno fatto diventà… cattivo intendo. Io so er pazzo?, però amavo le arti, la musica e la danza, tenevo un animo gentile, ma quando te ritrovi una madre ambiziosa , possessiva ed intrallazzatrice, non te rimane altro da fà che ammazzalla. Ed è quello che ho fatto io dietro suggerimento de Poppea….
Si perché dovete sapè che morto Claudio, io ripudiai la figlia Ottavia, che a dì la verità non m’ aveva mai attizzato, e mi misi con Poppea. Ch’era tutta nantra cosa. Stava sempre dentro la vasca da bagno a fasse bella e morbita, e poi c’aveva na pagottata de roba. I posteri ricordano i  miei primi 5 anni di governo come il quinquennium   Neronis,   forse perché ero aiutato da Seneca o forse perché ancora non facevo tante matterie. Furono anni di buon governo, e visto che ero pazzo, feci leggi che alleggerivano le tasse (magari le facessero anche oggi) ed aiutai a vive meglio le classi più povere.
Riuscii a preservare l’arte, la musica e la danza. Me ricordo che i più alti dignitari e quasi tutto er popolo erano entusiasti de me. Ero ricchissimo, giovanissimo e potentissimo. Davanti a me tremavano tutti, sapevano che se solo cominciavo a matteggià, erano guai per tutti. E considerato che ero il matto che cercavano … dissero che diedi foco a Roma… ma non è vero… non è possibile… Io in quei giorni ero ad Anzio a visità i parenti. E’ vero che de botte da matto ne ho fatte tante, ma da qui e da foco a Roma mia……ce ne passa….( ma, non è che già allora bruciavano i cassonetti dell’immondizia?).
Sta di fatto che finito l’incendio, feci costruì una mega villa co tanti porticati, tutta rivestita d’oro e gemme. Con soffitti in lastre d’avorio. La sala principale poi girava come la terra giorno e notte. C’erano parchi, boschi, e giardini….. Era immensa…. Aho, se nun ce credete andatevela a vedè “la mia Domus Aurea“, guardatela  bene ancora oggi a secoli di distanza  s’è conservata che è na magnificenza. Certo quando me incolparono dell’incendio, pe difenneme, che potevo fa?, feci proprio una cosa da matto….. insieme ai miei consiglieri diedi la colpa ai cristiani….. che erano una piccola setta da poco venuta in città. Li perseguitai, li diedi in pasto ai leoni… Feci una strage… e fra quelli che feci ammazza, me sembra, che ce capitarono pure S.Pietro e S.Paolo…( che ancora adesso non me spiego come hanno fatto a portamme lassù )
…che altro potevo fa.?  “Ma ogni malaffar a poco durar dice il proverbio “. Cosi pure il mio malaffare durò poco ed i miei collaboratori pe non perde er posto me volevano vede morto. Così con un ultima botta da matto me suicidai a soli 31 anni.
Ecco…. questa è la vera storia. Certo dopo tanti anni, molte verità se so perse pe strada, però ora che voi sapete tutto,  potete giudica……. E poi riflettete… con una famiglia così…. io potevo  essere sano de mente?

F I N E

Nerone E Poppea

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Maria Seghenzi

Nerone – Gente, arieccome so Nerone. So il più giovane imperatore di tutta la storia de Roma.
Me dicono che so tutto matto, ma so potente ricco e bello. Mi madre, possino ammazzà, per ambizione me fece sposà con Ottavia che eravamo du regazzini  non me piaceva e pure parenti.
Ma a me non me piaceva perché troppo secca, era piatta come na pialla. E poi io già avevo adocchiata un’altra. 
Un giorno mentre stavo a spasso in giro per palazzo, vidi sta bella fia che se stava a immerge in una piscina (vasca) co l’acqua tutta bianca. Me parve strano, come era strano che a bordo della piscina ce stava na somara e degli schiavi che la stavano a munge. Boh!! E poi dicono che er matto so io……
Mi avvicinai e chiesi: a pupa chi sei? E che stai a fa? Me rispose :  

Poppea – Ahò io so Poppea, e mo non te posso risponne, quindi smamma e nun me disturbà.

Nerone – Ma dimme solo che stai a fa!!!!

Poppea – Ah, allora non capisci, c’ho da fààà!! Nun lo vedi?

Nerone – E mica so cecato, ma dimme perché l’acqua de sta piscina è dello stesso colore del latte.

Poppea – Ah, ah,ah, come se vede che non capisci proprio gnente. Lo vedi quel somaro a bordo piscina?

Nerone – M’bhe?

Poppea – Quella è un’asina e gli schiavi la stanno a mugne.

Nerone – E vedo,,,vedo……..allora?

Poppea – Allora il latte che mugnono lo versano dentro la piscina ed io  me ce faccio er bagno.
Sai me devo conservà la pelle bella e morbida perché poi insieme a tutto il resto che me vedi addosso, spero de riusci ad acchiappà  quel gojo de Nerone, che sarà pure matto, come dicono, ma a me me piace na cifra.

Nerone – Ma allora tu non sai che Nerone so io, ma so già sposato.

Poppea – Lo so, lo so, e so pure che quella sciacqua lattuga de Ottavia te l’ha accollata tu madre, ma a me me piaci lo stesso e un giorno spero de riuscì a conquistatte.

Nerone – A Poppea, non serve mica aspettà, a me già me attizzi tanto. Dai vje qua, fatte da n’bacio con la lingua, col risucchio..

Poppea – Eccome no!!! Me desideri ? me voi ? beh allora ripudia prima tu moje e poi ripassa, io intanto me conservo bella e morbida facendo il bagno col latte de asina.

Nerone – Allora dai, consijame, come posso fa pe ripudia mi moje ?   Io non possso fallo, se lo viè a sape mi madre, quella mammazza!!

Poppea – Aho, svejete l’imperatore sei te, mica tu madre. Si lei non vole e non sente raggioni, ammazzala, na vorta morta lei, ripudi Ottavia e sposi a me.

Nerone – Sai che c’hai proprio raggione, io benché matto, a questo non c’avevo proprio pensato.
Allora…….. prima faccio ammazza mi madre, però deve sembrà come na cosa naturale, ripudio Ottavia e poi se sposamo noi due.

Poppea – Ahò a regà è stato proprio facile, più facile di quanto pensassi. Nerone ha fatto ammazza la madre, ha cacciato Ottavia e poi se semo sposati. E mo l’imperatrice  de Roma so io. A regà più facile de cosi se more!!!!

Carla Fracci

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Maria Seghenzi

Se analizzo la mia vita, la paragono ad una bellissima favola a lieto fine.
Certo ci sono voluti anni di sacrificio, rinunce e duro lavoro, ma alla fine ho raggiunto i tanto agognati successi (raggiungendo le vette più alte della mia professione artistica).
Da piccola vivevo in campagna, circondata dall’immenso affetto dei nonni, i quali cercavano di supplire alla mancanza di mio padre, che, quando ero appena nata dovette partire per la guerra sul fronte Russo. Giocavo libera e felice nei prati in fiore, intorno alla mia casa, e mi divertivo a rincorrere le oche che starnazzavano giulive nell’aia. Mi arrampicavo sui covoni di paglia inseguita dal festoso abbaiare della cagnolina Lola.
Nelle sere d’inverno si andava tutti nelle stalle per riscaldarci ed ascoltare le fantasiose storie che ci venivano narrate.
Mio padre alla fine tornò sano e salvo, e fu per noi tutti una gioia incontenibile, anche perché, potemmo finalmente riunire la famiglia a Milano. Poco dopo mi iscrissero alla scuola di danza del “Teatro alla Scala“.
Ricordo che le lezioni erano gratuite, altrimenti non me le sarei potute permettere. Mio padre era solo un tranviere e mia mamma un’operaia. Caro papà: ogni mattina mi accompagnava alla scuola di teatro col tram, aspettava che entrassi, poi suonava il campanello del tram per un ultimo saluto. Era il suo modo di incoraggiarmi e di esprimermi l’affetto.
I primi giorni di lezione ero molto sfasata, io che ero vissuta libera all’aria aperta e salubre della campagna, mi ritrovai rinchiusa in una fredda ed austera aula del teatro a seguire lezioni impegnative e gravose. Ricordo che non mi piacevano e volevo lasciare, ma l’insegnante, che mi rimproverava duramente perché non mi impegnavo, diceva che avevo talento. Quando vivevo in campagna, però, avevo acquisito il senso del dovere, che lentamente prevalse sullo sconforto e smarrimento iniziale e mi aiutò ad abituarmi ai miei nuovi impegni e finii per appassionarmi alla danza.
Studiavo incessantemente ogni giorno seguivo con determinazione, coraggio ed umiltà, la ferrea disciplina che la danza impone. Sono stati anni di duro lavoro, rinunce e sacrificio, ma alla fine mi hanno ripagato con immensi successi.
Ho danzato in tutti i più prestigiosi teatri del mondo, ma non ho mai voluto che la mia danza fosse riservata ad un pubblico di élite. Ho ballato nei tendoni, nelle piazze coinvolgendo tanti artisti e portando in scena oltre al balletto classico di repertorio, anche successi culturali ed artistici. Ho potuto realizzare tutto ciò grazie anche all’incontro con un uomo speciale: mio marito Beppe, che mi ha sempre supportata, e insieme ci siamo prodigati per portare la danza ovunque.
Oggi sono qui, nella splendida cornice di Positano… sto percorrendo la viuzza che conduce alla spiaggetta, ove fra poco sarò la madrina del premio L. M. riservato ai giovani talenti emergenti nella danza. Mi precede un elicottero che sparge al mio passaggio petali di rose bianche… il mio colore preferito.
Rivolgo un saluto ed un pensiero affettuoso a Beppe: mio marito, è lui che ogni volta mi omaggia così.
Rifletto e ammetto che si, sono stata molto (sfacciatamente) fortunata nella mia vita, sia dal punto di vista artistico che privato. Ho studiato, faticato e rinunciato tantissimo; costantemente ed incessantemente, ma ne è valsa la pena, ma il successo ha e l’affetto del pubblico mi hanno ampiamente ripagato di tutti i sacrifici compiuti.
Ecco, questa ultima riflessione la trasferirò ai giovani talenti che tra poco premierò, con l’augurio che ognuno di loro possa avere fortuna e tanto, tanto successo quanto ne ho avuto io.