Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Elena Dreoni.
Ecco, la notte è sparita e quel sole che ormai io odio è di nuovo lassù e mi tormenterà fino a che, soddisfatto, andrà a cercare qualcun altro da colpire con le sue ossessioni. Un’altra giornata noiosa, stronza, uguale alle altre… inutile.
Ancora tutto è silenzio, ma tra un po’ verranno a pulire le gabbie e a portarci da mangiare, eppure, in tutto questo vegetare, mi riaffiorano alla memoria delle sensazioni vaghe, lontane. Sensazioni legate a odori, a rumori che mi riportano immagini sfocate del mio branco che viveva nel cuore della foresta e sento allora nascere una rabbia e un bisogno di scappare via e non vedere più tutte quelle facce che ogni giorno si fermano davanti a queste sbarre e mi guardano, mi guardano e mangiano noccioline, aspettando che io mi muova per poter ridere, darsi di gomito, e farmi le boccacce. Che ebeti!
Così lancio loro sputi grossi come noci, ma quelli ridono e il mio disprezzo diventa ancora una volta fonte di divertimento. Non posso lottare contro quello che loro vogliono da me eppure, proprio quando sto per essere sopraffatto, la voce ritorna ed è come se mi sentissi scuotere, se sentissi il sangue scorrere come un fiume in piena nelle mie vene. Quella voce amica e nemica, che è l’unica cosa ormai a farmi sperare di trovare una via d’uscita a questa esistenza ridicola, comincia piano piano a parlarmi: “Sono anni che sei lì, rinchiuso dietro a quelle sbarre, ma dove hai messo la tua aggressività, la tua fierezza? Guarda che più che un fiero Gorilla sembri uno di quei pupazzoni che nelle macchinette del tiro a segno vanno avanti e indietro finché qualcuno non gli spara. Avanti, alzati! Vai fuori e costringi tutti a capire che tu ci sei e che il tuo urlo li può fare ancora scappare!”.
La voce non sa che questa è una gabbia e io non sono forte abbastanza per abbattere le sbarre. “Non mentire a te stesso. Prima di tutto, cerca dove hai nascosto i brandelli di te, – mi ossessiona sempre – ricomponili decentemente dentro di te. Sollecita la memoria delle tue origini, il tuo orgoglio e non dirmi che li hai persi perché io so bene che li hai nascosti dietro la paura, e questo l’hai fatto così bene che ormai pensi proprio non t’appartengono più. Ma tu sei un animale da rispettare, uno di quelli che fanno PAURA e hai dei doveri ben precisi verso te stesso e la tua razza”. Ti prego non dire queste cose, chiedo pietosamente, ma quella insiste: “Te lo ripeterò fino a che non uscirai da quella misera gabbia che non si addice tuo rango e tornerai ad essere il GORILLA”.
Meno male, tace un po’, ma il senso di soffocamento che mi chiude la gola, quello sembra aumentare. Devo fare qualcosa. Devo, devo, devo, perché lo so che ha ragione anche se non voglio dargliela, e poi ho scoperto che l’orgoglio e la memoria delle mie origini, di cui mi parla, fanno profondamente parte di me e mi danno una forza alle braccia e alle gambe che avevo dimenticato di avere, mentre sento più forte la smania di non essere più simile a un pupazzone.
Oggi non voglio dormire e se vogliono spettacolo lo avranno, questa vita così non ha un senso e, quando tutti saranno lì davanti a me, con quel sorriso da ebeti, tornerò ad essere me stesso e strapperò via questa ridicola veste che mi hanno cucito addosso.
“Coraggio! Vedi che io sono la tua vera linfa vitale, ogni essere nasce libero ed ogni essere cerca di imprigionare i propri simili”. Forse non sei mio nemico an-che se quello che dici mi fa male. “Certo che non sono tuo nemico, ora tu sai di avere ancora forza, sai che la paura non è una corazza, quindi vai perché tu sei libero”.
Eccoli, mi fissano tutti e cominciano a ridere, so che le sbarre sono più deboli verso il centro alla mia sinistra. AAAAAHHHHHHHOOOOOOOHHHHHHHHH!
I quotidiani, il giorno dopo, riportavano i1 fatto nella pagina della cronaca: «Gorilla impazzito si scaglia contro le sbarre della sua gabbia riuscendo ad abbatterne tre. Panico tra i presenti che sono rimasti terrorizzati dall’urlo dell’animale e dalle sbarre stesse che si sono abbattute su quelli che occupavano le prime file. Quattro persone hanno riportato ferite gravi. La Direzione dello zoo ha aperto un’inchiesta per stabilire eventuali responsabilità».
Gli inservienti, pulendo la gabbia e il sangue rappreso, misto alle noccioline sparse per terra, commentavano. «Ammazzelo quanto ha urlato! Pareva che continuasse puro dopo che era stramazzato morto per terra in tutto quer sangue. Dicevamo che era un farlocco, se faceva fa’ tutto, sembrava che nun je fregasse gnente, je bastava de magna e dormi e invece, sarvognuno, me pareva de sta drento la foresta. Senti ste sbarre guanto peseno: n’ha sbracate tre co’ la capoccia. È proprio vero: dell’animali nun te poi mai fida’ perché c’hanno sempre, come se dice, l’istinto primitivo, però in fonno me dispiace perché era proprio simpatico, sputava, dormiva e magnava».