1959 – Frammenti Di Vita

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Ivana Tersigni.

Svegliarsi in una famiglia numerosa, con mia madre che prepara la colazione per tutti, lo scoppiettio della stufa che riscalda la cucina e il cuore.

Velocemente ci prepariamo per uscire e andare a scuola, con i nostri grembiuli bianchi con il fiocco blu per le femminucce e blu con fiocco bianco per mio fratello maggiore.

Preparate le cartelle con pennino, inchiostro, matita, gomma, temperino, quaderno a righe e a quadretti, carta assorbente e libro di lettura.

Cartella pesante da portare con la mano livida dal freddo, la scuola distante un paio di chilometri, andiamo mentre mio padre è al lavoro e mia madre a casa con i più piccoli.

Durante il percorso dobbiamo attraversare una ferrovia, per noi un’avventura entusiasmante, ci fermiamo qualche minuto mettiamo l’orecchio sulla rotaia per sentire se arriva un treno.

Poi riprendiamo il cammino, per scendere dalla ferrovia, che si trova su una piccola altura di circa tre metri, usiamo un cartone come fosse uno scivolo, che divertimento.

Riprendiamo la strada con le mani ormai intirizzite, davanti a noi si erge uno palazzo bombardato nell’ultima guerra, sui muri anneriti dall’esplosione resta un angolo di una stanza da letto.

L’armadio intatto uno sportello aperto con indumenti a penzoloni.

È una immagine spettrale, ma noi piccoli non capiamo esattamente cosa possa essere successo, cerchiamo soltanto di allontanarci velocemente per il senso di angoscia che ci trasmette.

Di nuovo riprendiamo la strada che ci porta fino alla nostra scuola.

Sul cancello ci aspetta il bidello che bonariamente ci rimprovera “non fate chiasso e sbrigatevi che la maestra vi aspetta”.

Si entra nella classe, io ho sei anni, ma per la mia età sono alta, la più alta di tutta la classe perciò sono all’ultimo banco.

Tutti posizionati al proprio banco, si affaccia il bidello ‘tutti in piedi entra la maestra” e noi tutti in coro “Buongiorno signora maestra.”