Sibilla Aleramo

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Nerina Piras.

Ho scritto un libro “una donna” nel 1906, è un romanzo, almeno io lo definisco un romanzo, potrei dire che è la mia vita romanzata, anche se parlare di me è difficile.

Mentre scrivo faccio un percorso di autoanalisi, un processo continuo di ricerca della mia anima.

Faccio l’analisi del motivo che mi ha spinto a lasciare questo marito che non stimavo né amavo, e, alla vita che conducevo con lui nel suo gretto provincialismo.

Speravo che con la nascita di mio figlio Walter, le cose potevano cambiare, ma ero un’illusa,

 per questo tentai il suicidio, proprio come fece mia madre, la quale soffriva di depressione, si salvò la vita in quel tentativo, ma non si salvò la sua mente, che da allora ci lasciò per sempre.

La mia rinascita la trovai nell’impegno delle battaglie di emancipazione femminile, che mi diedero la forza di allontanarmi da questo uomo, che mi maltrattava e mi tradiva.

Il rimorso di aver dovuto lasciare anche mio figlio non mi dà tregua, infatti il padre di Walter non mi ha permesso di portarlo con me.

Ma i miei guai iniziarono già da bambina, il tentato suicidio di mia madre mi segnò profondamente, in compenso adoravo mio padre, il quale mi ha trasmesso gli ideali di forza e di indipendenza.

Quando però scoprii che aveva una relazione extraconiugale il mio mito crollò e i nostri rapporti si ruppero definitivamente.

Questa brutta esperienza, mi portò ad averne un’altra peggiore, quando mi innamorai di un ragazzo impiegato nella stessa fabbrica dove lavoravo, fui vittima di una violenza sessuale e anche se questo uomo poi divenne mio marito, il rapporto con lui non fu mai felice.

L’unica cosa bella è stata la nascita di mio figlio, che poi ho dovuto abbandonare per non impazzire come mia madre.

Il mio nome d’arte è Sibilla Aleramo sono nata ad Alessandria il 14 agosto del 1976. ma il mio vero nome è Faccio Marta Felicina detta Rina., ma questo non è importante, quello che conta è il mio impegno sociale, non mi sono limitata a scrivere, ma ho cercato di costruire una Lega che unisse le donne per il loro movimento di crescita.

Questo mi fu possibile quando collaborai con la rivista “Unione Femminile”, di cui poi divenni socia, per lasciarlo dopo un po’.

La mia vita sentimentale è costellata da una relazione dopo l’altra vissute tutte con tormento, tanto da avere anche rapporti omosessuali.

Non mi capacito come ho potuto rinnegare il mio passato di comunista per il bisogno di mangiare, piano piano mi sono avvicinata a Mussolini, così da essere ammessa all’Accademia d’Italia, per poter sbarcare il lunario.

Però non poteva la mia mente accettare questo compromesso per troppo tempo, per questo rifiutai di trasferirmi a Salò come mi ordinò il Ministero della Cultura, vergognandomi di queste mie ultime scelte.

È solo al termine della Seconda Guerra Mondiale che mi iscrissi al PC dove poi mi sono impegnata in campo sia politico sia sociale.

Il mio tormento più grande è stato il rifiuto di mio figlio Walter ad incontrarci, dopo trenta anni, lo vedrò solo sul mio letto di morte dopo aver conosciuto i miei nipoti.

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