Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Ivana Tersigni.
Avevo dodici anni e mezzo, dovevo trovare un lavoro per aiutare i miei, perché una ragazza non può non fare nulla.
Umberto era il marito della madrina di mia sorella Mirella, era un trentottenne simpatico. La moglie si chiamava Marianna, ma tutti la chiamavano Mariannina, era una donna elegante, portava sempre i capelli raccolti con lo chignon e indossava sempre guanti di pelle.
Umberto faceva il calzolaio al centro, a via Giolitti.
Mia madre gli chiese se nei dintorni della sua bottega avevano bisogno di una ragazza, per un lavoro da apprendista, lui le rispose che cercavano una ragazza proprio vicino alla sua bottega e così andai a parlare con il proprietario del negozio di scarpe all’ingrosso.
Devo essergli piaciuta subito, sia a lui che alla moglie, così iniziai il lunedì successivo.
Anche a mia sorella più piccola di me di un anno hanno trovato un lavoro da sartina sempre li vicino. Mio fratello 14 enne, lavorava anche lui da un po’ nei dintorni in un negozio di riparazioni di elettrodomestici.
Ero contenta di iniziare a lavorare e portare a casa un po’ di soldi.
Mio fratello mi raccontava che la sera prima di tornare a casa si fermava nel negozio di Umberto, lui suonava la chitarra e il suo amico Mario cantava.
Mario aveva ventisette anni e non si era ancora fidanzato per questo lo chiamavano il Sor Mario.
Come si usava in quel periodo sopra al negozio dove lavoravo c’era l’appartamento dove vivevano i proprietari.
Avevano due bambini Gino di cinque anni e Chiara di tre anni.
Tra i miei compiti dovevo occuparmi anche di accompagnarli a scuola e aiutarli a fare i compiti.
La giornata sembrava interminabile, ma verso le 19 e 30 mi fecero uscire, finalmente era finita la giornata di lavori. Andai nella bottega di Umberto ad aspettare mia sorella e mio fratello che dopo pochi minuti arrivarono. Era il mese di settembre, la bottega si trovava in un seminterrato bisognava scendere quattro gradini.
Dopo qualche minuto, si affacciò un giovanotto sorridente, elegante con un sorriso smagliante, aveva tutt’intorno una luce, era la luce del tramonto che filtrava dalla porta e io ho sentito come un colpo al cuore, mi sembrava di riconoscere quel giovanotto, ma era la prima volta che lo vedevo. Una stranissima sensazione, mi batteva il cuore, credo che per me sia stato il classico colpo di fulmine