Cacciatori Di Pozzanghere

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Elena Dreoni.

«Evviva, non piove più», il grido festoso di Riccardo, il nostro figlio di sette anni, riempì la roulotte per dare la sveglia a tutta la famiglia. In un attimo, Lorenzo, il piccolo di quattro anni, balzò su di me che, sdraiata sul lettone che si ricavava dal soggiorno del nostro piccolo caravan, fingevo di dormire con la speranza di smorzare il parapiglia che si stava mettendo in moto.
«Mamma – mi chiamava Lorenzo dandomi degli schiaffetti sul viso come se fossi svenuta -, mamma, lo senti che non piove più?». A quel punto dovetti arrendermi e aprire gli occhi: il suo sguardo furbo e raggiante mi fissava: «Possiamo andare a caccia di pozzanghere?», mi chiese mentre la voce del fratello si sovrapponeva alla sua: «Mamma, papà, ma dove avete messo le calosce?». Domandava preoccupato Riccardo, il quale, come potei vedere sollevando la testa verso il fondo della roulotte, aveva alzato la rete del suo letto e, nel contenitore sottostante, cercava gli stivali di gomma mettendo tutto a soqquadro.
«Sono sotto il tuo letto – rispose con voce d’oltretomba il papà, Roberto, sdraiato accanto a me -. A destra, sotto la busta con i plaid».
Trovato il tesoro prezioso, le calosce per l’appunto, in un momento furono pronti. Costume da bagno, calosce e giacchina della tuta: questo era l’abbigliamento che si confaceva ai cacciatori di pozzanghere.
«Possiamo andare?», ci chiesero tenendosi per mano, mentre da fuori arrivava il vocio degli altri cacciatori, che li aspettavano per la prode impresa.
Il temporale estivo, al campeggio sotto la pineta, lasciava sempre dietro di sé, insieme all’odore inebriante misto di terra, di mare, di pini, di cespugli di rosmarino e di macchia mediterranea, pozzanghere disseminate qua e là nel terreno irregolare, e piccoli rivoli di acqua che scorrevano tra tende e roulotte.
Mentre i piccoli cacciatori, divisi in gruppetti, si sfidavano a trovare la pozzanghera più grossa, i campeggiatori uscivano allo scoperto come le lucertole, per incontrarsi e per verificare e riparare eventuali danni provocati dalla pioggia.
Anche Roberto e io ci ritrovammo in quel rituale di sempre. Fortunatamente, a ogni acquazzone, la nostra roulotte si rivelava come un rifugio sicuro. Camminando tra i vialetti, salutammo gli amici, ci offrimmo di aiutare qualcuno che doveva tirar via l’acqua dalla tenda. Infine, come accadeva di solito, ci fermammo nella veranda di un caravan di amici a bere una tazzina di caffè e a chiacchierare, in quel tempo che scorreva senza urgenze, né corse frettolose.
I piccoli cacciatori, intanto, reduci dall’indomita tenzone, correvano verso di noi, in una scia colorata e festosa, preceduti da Riccardo e Lorenzo, che agitavano le braccia in segno di vittoria.
«Abbiamo vinto noi», gridava Riccardo.
«Abbiamo trovato una pozzangherona azzurra», aggiunse Lorenzo non appena ci fu vicino.
«Venite a vedere, è bellissima», incalzò il fratello.
La pozzanghera, a margine della pineta, era davvero grande e rifletteva il cielo, che le dava un bel colore azzurro.
Nei giorni successivi, i prodi cacciatori tornarono a controllarla fin quando della bellissima pozzanghera azzurra non rimase che una buca piena di fango, da evitare per non caderci dentro.