Mille Piroette – I Diversi Volti Dell’arte presenta: La Fiera Dell’Arte alla Sala Riario del Palazzo Vescovile del borgo di Ostia Antica

Quadri per estrazione evento del 12 giugno 2022:

1° premio

Opera di Anna Cristino (ospite della serata) “Battito d’ali”

2° premio

Opera di Maria Laura Corsi

3° premio

Rosella Marcovaldi

Natura morta 20×35

4° premio

Paolo Ferroni

Disegno a matita-carboncino

48×33

5° premio

Marinella Pucci

Piccola grande me acr. Su tela 40×40

6° premio

Nino Baffoni Orchidea

7° premio

Ivana Tersigni

Mille Piroette – I Diversi Volti Dell’arte presenta: Il musical di Robin Hood, dopo aver inaugurato, domenica 24 Aprile, il nuovo teatro Athena ASD, nella città di Cerveteri, si replica il 3 giugno.  

La compagnia in un mondo di incanto dei Giardini di Athena ha presentato, attraverso personaggi e interpreti, una rivisitazione della storia di Robin Hood. Grande è stato l’interesse suscitato nella popolazione (sold out) con argomenti e riferimenti, storici sì, ma perfettamente riconducibili a quelli che sono i problemi attuali della società odierna. Il teatro è stato all’altezza dell’evento, ampio spazio per ballare e recitare; un buon impianto audio e luci hanno messo in risalto le performance degli attori, dei ballerini e dei cantanti. Regista del musical e presidente della Pro Loco di Cerveteri, Piero Giacomini, ha collaborato insieme alla coreografa nonché segretaria regionale ANMB Elena Botti alla regia del musical. Noti ballerini professionisti nella danza del calibro di Giancarlo Giacomobono, Aurelia Realgar, Rita Tolla, Luana D’annibale, hanno tenuto la scena per divertire tutti recitando e ballando. Importante la performance della maestra poliedrica professionista Aurelia Realgar nella danza delle spade, archetipo di forza e di giustizia, simbolo della volontà divina, anima a protezione dei giusti e simboleggiante il verbo divino. Interpretazioni magistrali per gli attori come Cristina Galli, nel ruolo di Bis il serpente vivace e divertente, Alberto Papalia, nel ruolo di Little Jhon, Ferruccio Iori, il nobile re buono, Piero Giacomini nel ruolo del re cattivo “Giovanni”. Sorprendente attrice e ballerina Stella Bandirali. Nel ruolo dell’ integerrimo sceriffo e arciere professionista, Carlo Briganti. Hanno preso parte allo spettacolo anche diversi bambini (Sandro Incerti, Eleonora Chiarabini, Nicole Mele e Lorenzo Giacomini) che con i loro giochi ci hanno riportato indietro nel tempo. Come ad ogni Corte non potevano mancare le guardie del re (Monica Ciarmiello e Aliprandini Clelia). Altri personaggi, ma non meno importanti, sono stati Fagiolari Maria Luisa, Isa Purgatori, Giusto Scalabrella e Nerina Piras. Straordinaria la partecipazione del Gruppo Volontariato Nuova Acropoli che con i loro balli hanno entusiasmato il pubblico presente (Maria Sole Pomara, Iole Nardi, Elsa Pollinzi, Anna Rita Nuzzo, Arianna Labrichini, Aurora Venturini, Giorgia Giusti). Star Guest della serata Ross Marcorelli, paroliera e cantante, che con la sua voce ha fatto sognare il pubblico creando tanto un’ atmosfera davvero romantica. DJ Carlito e Marilù Spalla, fonici e tecnici delle luci. Che dire poi della nostra divulgatrice, girovaga della storia in versi: Rita Tolla, ovvero il Cantagallo, progenitrice di tutta la famiglia degli artisti di strada, giocoliera, saltimbanco e acrobata, esperta nell’arte di divertire il pubblico con la musica, la danza e la recitazione.
La storia di Robin Hood ci porta a riflettere: è sempre sbagliato rubare?

Vi aspettiamo a Cinecittà World, il 3 giugno, con il musical Robin Hood.
Info al numero: 3396780166.

Mille Piroette – I Diversi Volti Dell’arte presenta: “100 Anni Dalla Nascita Di Pier Paolo Pasolini”

Il Comune di Civitavecchia, Assessorato alla Cultura, nella persona del Sindaco Ernesto Tedesco, in occasione dei 100 anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, promuove il Progetto Nazionale “Omaggio a Pier Paolo Pasolini, luoghi, linguaggi e tradizioni popolari” ideato dall’attore e regista Agostino De Angelis e organizzato dall’Associazione Culturale ArcheoTheatron in collaborazione con l’Associazione TerzoMillennio, con il sostegno della Fondazione CaRiCiv di Civitavecchia, patrocinato da Regione Lazio, Regione Puglia, Regione Abruzzo, Regione Basilicata, Centro Studi Pier Paolo Pasolini, Mic Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Centro Studi Ignazio Silone, Archeologia Viva e Firenze ArcheoFilm Festival, che prevede un percorso culturale tra mostra fotografica e spettacolo dal 22 al 29 maggio 2022 presso la Cittadella della Musica.

Il Progetto che vede coinvolti, durante tutto l’anno, diversi Comuni e realtà culturali di tutto il territorio italiano legati al mondo dell’intellettuale, è partito dal Comune di Lecce, e avrà come seconda tappa il Comune di Civitavecchia, una delle città che Pasolini ebbe modo di visitare e frequentare negli anni della sua vita a Roma. Pasolini, poeta, regista e articolista polemico, è stato uno dei primi difensori del territorio storico, naturalistico, culturale italiano. Infatti quando l’Italia cominciava il processo di sviluppo industriale e consumistico, egli aveva intuito che le grandi trasformazioni economiche mondiali avrebbero creato squilibri nella società che da secoli viveva un rapporto sano con la natura. Molti dei piccoli centri abitati d’Italia, sono stati scelti come location per i set più vari. Lo sguardo del regista, l’attenzione ai luoghi ed al territorio è quella di un Poeta inevitabilmente etnografo del suo tempo, culturalmente anarchico verso il potere.

Riprendendo questi temi, De Angelis ha ideato un percorso culturale tra mostra fotografica sul tema del viaggio, sui luoghi visitati da Pasolini e in cui ha vissuto, con scatti fotografici originali dei luoghi di Pasolini a Roma di Valerio Faccini, foto inedite dell’ultima apparizione pubblica in Salento appartenenti alla famiglia Tommasi di Calimera, scatti del territorio viterbese di Francesca Baldasseroni e per Civitavecchia di Massimo La Rosa, Gianni Tassi, Pino Gori, Associazione CineFotografica Civitavecchia, autografi del collezionista Stefano Colombo e uno spettacolo teatrale multimediale che dia risalto all’uomo Pasolini quale difensore del nostro Patrimonio.

L’evento si terrà presso la Cittadella della Musica a Civitavecchia, il 22 Maggio 2022 alle ore 17.30 con l’inaugurazione della mostra fotografica “Il Viaggio” e la presentazione del progetto in cui saranno presenti e interverranno il Sindaco Ernesto Tedesco, l’Assessore al Turismo Emanuela Di Paolo, la presidente fondazione Cariciv Gabriella Sarracco, l’artista e critico d’arte Ombretta Del Monte, il poeta archeologo Marcello Tagliente con intrattenimento musicale di Giacomo Costanzo. Durante la presentazione sarà offerta una degustazione di vini a cura del Casale del Giglio.

La mostra sarà visitabile fino al 29 maggio dalle ore 15.00 alle 19.30 (ingresso libero e apertura straordinaria di mattina per le scuole su prenotazione).

Venerdì 27 Maggio alle ore 21.00, all’interno della Sala Morricone della Cittadella della Musica, sarà portato in scena lo spettacolo teatrale multimediale ”Omaggio a Pier Paolo Pasolini” luoghi, linguaggi e tradizioni popolari”, per la regia e adattamento dello stesso De Angelis, con le coreografie di Marilena Ravaioli, la pianista Rosalba L apresentazione, il soprano Claudia Giordano e gli allievi del Corso di Cinema Santa Marinella Viva. In scena le tele degli artisti Roberto Villotti, Sergio Bonafaccia, Laurina Rietti, Ombretta Del Monte, Giuliano Gentile. Curatrice del progetto nazionale Desirée Arlotta.

L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti con utilizzo di mascherina FFP2.

Gerry

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Simona Gaudenzi.

Dicono che il tempo guarisca le ferite. Forse, ma è una cura troppo lenta, voglio liberarmi più in fretta del dolore che mi attanaglia, è insopportabile. Qualcuno mi ha detto: scrivi, la scrittura è uno sfogo dell’anima, ti farà bene. E allora ci provo, scriverò di lei, se questo può aiutarmi. Scriverò della piccola Gerry e della nostra piccola e indimenticabile storia.
Ho letto una volta che gli eventi importanti che ci accadono, gli incontri che diventano significativi nella nostra vita sono predestinati. Niente accade per caso, tutto ha un motivo, tutto ha un perché. È il macrocosmo che diventa microcosmo. Adesso ci credo.
Era il maggio del 2015, esattamente 7 anni fa. Vincenzo aveva scoperto ormai da quasi un anno il male che da lì a cinque mesi lo avrebbe portato via, eppure in una calda giornata di maggio mi disse: “perché non lo prendiamo?” Mi fece vedere su Facebook la foto di un gattino per il quale si cercava una famiglia che lo accogliesse. Rimasi sorpresa dalla sua richiesta, avevamo già tre gatte e poi non mi sembrava certo un periodo adatto per adottare un altro micio, con tutti i problemi che avevamo. Lui non stava ancora poi così male, ma sapevamo entrambi il destino della sua malattia, e così acconsentii. Pensai che forse avesse bisogno di un diversivo, un cucciolo allegro e giocherellone come sanno essere i piccoli di gatto.
Dopo due giorni, lo andammo a prendere. Era un minuscolo scricciolo impaurito, con il pelo nero ma con il musetto e i piedini bianchi. Sembrava avesse le scarpette.
Decisi di chiamarlo Gerry. In seguito, il veterinario ci disse che era femmina, ma ormai il nome era stato scelto e Gerry rimase.
Si ambientò subito, trascorse i primi tempi in casa nostra quasi sempre sul divano accanto a Vincenzo, giocherellava fino allo sfinimento con la sua grossa mano e poi si addormentava accanto a lui. Era nato un sodalizio.
Io avevo troppo da fare in quei giorni, troppi pensieri per la testa e non avevo l’animo predisposto verso questa piccola nuova arrivata. Mi bastava darle da mangiare e vedere che Vincenzo aveva trovato un diversivo nelle sue malinconiche giornate sul divano.
Nei mesi successivi tutto precipitò, l’aggravamento improvviso e velocissimo della sua malattia non ci diede modo di pensare ad altro, quell’estate fu un incubo ad occhi aperti. Esistevano solo il mio dolore e la sua sofferenza. Poi, verso la fine di settembre il suo calvario ebbe fine.
Iniziò la terza fase della mia vita. Fu allora che la piccola Gerry cominciò ad avere un suo ruolo. Lei faceva parte di questa terza fase, non esisteva prima, come le altre. Lei, nuova presenza, rappresentava in qualche modo la nuova famiglia che adesso eravamo.
Era la piccola di casa, discreta, delicata, piccolina. Rimase sempre di dimensioni ridotte, anche quando era ormai adulta. Cominciai ad amarla. C’era quando iniziò il periodo della depressione, c’era quando provai a risalire la china, cercando interessi e passioni, c’era nei momenti di solitudine e nelle serate in compagnia.
I tanti anni di vita trascorsi con i gatti mi hanno insegnato che, come gli uomini, hanno anche loro caratteri diversi. Lei era semplice, mai lamentosa, sempre allegra. Godeva di tutto. Si adattava a tutto. Ho sempre pensato che avrei potuto avere anche cento gatte se fossero state tutte come lei. Come tanti gatti era indipendente nell’affetto. Decideva lei quando volere le coccole, a volte la sera si acciambellava sulle mie gambe mentre ero sul divano e iniziava un ciclo di fusa. A volte invece preferiva le fusa da lontano. Non voleva avvicinarsi, ma bastava che addolcissi il tono di voce e cominciava a ronfare in lontananza. Lei c’era. E mi metteva allegria con la sua grande voglia di vivere e il suo star bene con niente.
Dicono che il numero 7 sia un numero magico. Ha tanti significati simbolici ed esoterici il numero 7. È Il numero della completezza. Sono passati 7 anni dal giorno in cui entrò timorosa per la prima volta in casa nostra.
In una mattina di maggio di 7 anni dopo sono passata in veranda per uscire. Eri sdraiata mollemente sul mobile per i gatti e ti godevi il sole. Ti ho vista bellissima, avrei voluto fermarmi per farti una foto, ma andavo di corsa. Ti ho fotografata nella mente, una zampetta penzolava pigra.
Poi sono tornata a casa, ho sbrigato le mie cose e verso mezzogiorno sono scesa per andare in piscina. La borsa pronta e il costume già indosso. Tu eri in casa, distesa in terra al centro dell’ingresso, sembravi riposare, invece te ne eri già andata. Mi avevi lasciato. Avevi lasciato lì solo il tuo piccolo corpo, ma tu non c’eri più. Mi hai lasciato silenziosamente e misteriosamente, così come sei sempre vissuta.
Piccola Gerry perché mi hai fatto questo? Lo strazio si è impadronito di me, non so per quanto tempo, ma poi all’improvviso ho compreso. Eravate già d’accordo tu e lui.
Sette anni dovevi stare con me, a vegliarmi, ad amarmi, a darmi allegria.
“Sette anni debbono bastare per una donna forte come te, adesso la riprendo io, adesso tornerà a giocare con le mie mani. Non straziarti, se ne è andata perché così doveva essere”.

Mille Piroette – I Diversi Volti Dell’arte presenta: HoneyBombs Live @Traffic Club

Per la prima volta sul palco romano i BLAX, supergruppo dedito ad un hard gothic metal moderno, teatrale, con inserti elettronici, formato da elementi provenienti da: Senzabenza, Malet Grace, Hane, Morrigan’s, The Neets, i Dottori.
Ad accompagnare questo nuovo supergruppo, i “veterani” HoneyBombs (veterani perché c’hanno ‘na certa) dediti ad un hardrock/metal fresco, divertente ed irriverente. Ad aprire le danze troveremo i Bad Habits, gruppo rock/hard rock di classe!!!

Ingresso 5€ (compreso bacetto dell’organizzatore)

HoneyBombs: https://www.facebook.com/HoneyBombs

Clicca qui per l’Evento

Traffic Club è in Via Prenestina, 738 – 00155 ROMA (RM)

Nuovo Che Avanza

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Marinella Pucci.

Ti ho chiesto di guardare dentro, di risolvere.
No, non mi aspettavo il modo in cui lo avresti fatto.
Devo riconoscere che hai fatto un lavoro netto e radicale.
Mi rattristo.
Come si fa ora a trasformare qualcosa di bello in qualcosa di diverso che sia altrettanto bello?
Senza combattimenti o forzature scegliamo la strada dell’amore.
Cosa significherà solo il tempo lo saprà dire.
Per ora respiro le emozioni che non sempre trovano spazio nei miei giorni affollati di pensieri e cose da fare.
Anche questa è una cosa nuova che non voglio combattere, scacciare.
Niente spazio alla paura.
Costruisco una nuova me fragile e sicura.
Grazie amore mio.

Rewind

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Maria Carmen Brandi.

“Amanti”
Per gentile concessione della pittrice Anna Cristino (clicca qui)

“Non riesco a non ammirare la profondità del suo sguardo! E gli occhi poi! Cerco di definirne il colore, forse nocciola, ma non è proprio così, perché l’iride ha sfumature verdi!”
Un sussurro sfiora l’orecchio di Emma.
È la voce di un uomo belloccio, non tanto alto, che si è alzato in piedi.
Nota subito la sua altezza, a lei non piacciono gli uomini troppo alti. La sua voce dal tono elegante, delicata e nello stesso tempo virile, ha suscitato la curiosità di Emma.
Dovrebbe essere stizzita da tanta intraprendenza, invece prova uno strano piacere nell’ascoltare le sue parole, ne è insolitamente attratta.
Lui continua a parlare, chino sulle spalle di Emma che concentrata sul tono della sua voce immagina singolari scene erotiche. Quasi ne prova vergogna. Proprio lei abituata ad un’educazione rigida e severa. Certi pensieri! Sono stati da sempre considerati tabù da sua madre. Discutere di sesso? Assolutamente no!
Emma è seduta in platea, in seconda fila, pian piano la grande sala in cui si sta tenendo la conferenza si riempie dei discorsi del pubblico. Il relatore sta facendo una pausa.
Lo sconosciuto dietro di lei continua a sussurrare parole.
La voce di lui si confonde con il vocio generale. Emma si volta cerca di interpretarne il labiale. L’uomo continua a chiacchierare, alza la voce, emettendo degli acuti:
“E’ anche molto elegante e il suo profumo così……!”
Mi chiamo Eugène! No! non sono francese e che i miei genitori amano la lingua francese, così mi ritrovo questo nome, un loro capriccio!
Emma è sempre più affascinata dalla sua sicurezza e ha l’impressione che la voce di Eugène si stia animando. Le lettere si levano dalle sue labbra e sembra assumano la forma di mani e braccia che la avvolgono, la accarezzano, fanno vibrare le sue membra. Teme che lui possa vedere i suoi pensieri, che possa cogliere le espressioni del suo viso e ciò che sta provando.
Si ricompone. Emette un suono strano simile ad un colpetto di tosse, come per ripulire i suoi pensieri.
“Mi chiamo Emma!”.
Lui incalza: “Possiamo fare due chiacchiere, ti posso trascinare via da qui, sei interessata alla conferenza?”
Emma viene completamente travolta da un turbinio di emozioni, come ipnotizzata, istintivamente dice che comprerà il libro del relatore e accetta.
L’atmosfera primaverile e il crepuscolo avvolgono Emma ed Eugène. Camminano tra le vie del quartiere Coppedé, uno dei più suggestivi di Roma, cercano le loro mani come se fosse tutto così naturale. Gli alberi in fiore, che costeggiano le vie, sembra li stessero aspettando con il loro profumo assordante. Rompono il silenzio parlano del tema della conferenza: la spiritualità nell’uomo e i temi new age. Accennano ai loro interessi, alle loro vite professionali, alle considerazioni sull’amore e agli altri lui e alle altre lei.
Emma si sente in sintonia con Eugène e lo segue, il vento caldo della sera è complice. Si accorge che si è fatto tardi e cerca di congedarsi, realizza che fa molta fatica ad andare via, lui è veramente attraente!
“Emma! Forse posso apparire troppo invadente! Devo chiederti se ti farebbe piacere rivederci.”
“Si! Va bene!”
“Domani?”
Lei non riesce a trattenersi: “Si!”
Emma all’indomani decide di riempire la mattinata di impegni e commissioni, non vuole pensare all’appuntamento con Eugène, non ha intenzione di nutrire chissà quali aspettative o pensare ai discorsi della sera prima.
Vuole ricominciare tutto da capo. Sente di rivivere il loro primo incontro, vuole ripensare a quella sera e capire se avesse provato le stesse emozioni, le stesse trepidazioni e quei pensieri animati da carezze e da piacere.
“Caro Eugène come ti stai vestendo? Quei pantaloni per il nostro il primo appuntamento. Cosa potrei pensare di te! Con quei pantaloni? Se vogliamo capire cosa ci ha fatto innamorare, forse anche l’abbigliamento ha avuto il suo ruolo!”
Emma sorride divertita.
Emma ed Eugène si guardano allo specchio, lei si trucca gli occhi accuratamente e lui sceglie dall’armadio un altro pantalone, si rasa bene il viso, si sente pronto, guarda lei e i suoi occhi.
Sono trascorsi dieci anni da quell’incontro, ne erano seguiti altri, alternati a vacanze insieme, alla carriera, a serate trascorse a progettare.
Emma e Eugène si erano ritrovati in chiesa a dirsi “Si!”. Un “Si” eternizzante che quando lo pronunci ti avvolge nel tepore della sicurezza del “per sempre”.
Erano stati felici e convinti del loro “Si!” Dopo dieci anni, però il “Si” manifestava delle crepe.
Il loro rapporto era stato costruito sulla fiducia e sulla lealtà. “La stima” era stata da sempre la maestra delle loro giornate, i suoi insegnamenti avevano suggerito decisioni e comportamenti dei due, che avevano rappresentato le maglie della loro storia. I figli: Giorgia e Marco erano il loro orgoglio.
Emma e Eugène stanno preparando il loro primo incontro, lei ha tra le mani il libro del relatore della conferenza “L’uomo può osservare la sua anima?”, titolo affascinante. Ne accarezza la copertina e comprende che sta accarezzando con avidità le pagine di quel loro primo incontro, prova all’improvviso un brivido e un’emozione.
Eugène aveva conservato negli anni la sua gentilezza ed eleganza, segue i gesti di Emma dallo specchio, riconosce la freschezza e l’ingenuità dei suoi pensieri gli stessi del loro primo incontro.
Emma si volta, trova gli occhi di Eugène, afferra quei dieci anni li stringe al petto, li coccola così come ha consolato dal pianto il suo primo figlio appena nato. Lui prova una grande tenerezza nel vedere l’espressione di lei, si avvicina e le sussurra: “Non riesco a non ammirare la profondità del suo sguardo! E gli occhi poi! Cerco di definirne il colore, forse nocciola, ma non è proprio così, perché l’iride ha sfumature verdi!”

Partenza

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Marinella Pucci.

Ciao, io vado.
Non posso più stare qui.
Lo sai le cose trascinate, poi, ci portano il conto.
Ho già un grosso debito da saldare.
Mi dico, mi rifarò in un altra vita.
Tu credi in un altra vita?
In attesa che qualche risposta arrivi, Io vado.
Non so dove, non so per quanto camminerò, in solitudine, finalmente sola con me.
Ad ascoltare quel dolore, a consolare quella tristezza che si è posata sul cuore, nascondendo le ferite ancora aperte.
Se ti fermi le vedi.
Non te ne vuoi occupare vero?
Eppure lo sai che prima o poi dovrai farlo.
Non serve andare, vieni stiamo qui, ora, abbracciati e lasciamo che il tempo ci porti al nostro destino.

Il Frutto

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Simona Gaudenzi.

L’albero di cachi stava proprio in fondo agli orti. Per arrivarci bisognava attraversare le coltivazioni, passando su uno dei tanti minuscoli sentieri che suo padre e i suoi fratelli avevano tracciato.

La piccola Giuseppina amava quell’albero di cachi. Di tutte le piante che vivevano nel grande podere, quello era il suo preferito.  Alla fine di ottobre si riempiva di magnifici frutti di color arancio intenso. I rami delicati si piegavano sotto il loro peso, sembravano sfere colorate. Per tutto novembre il cachi assomigliava a un albero di Natale addobbato un po’ prima del tempo.

Quell’anno Giuseppina aveva chiesto a suo padre di potersi occupare lei della raccolta dei cachi, voleva che fosse il suo lavoro. Suo padre acconsentì, non avrebbe mai negato qualcosa alla piccola di casa.

Così quasi ogni giorno Giuseppina si recava con un piccolo cesto a raccogliere un po’ di frutti. Ma c’era un segreto dietro il suo desiderio, il rito della pozione arancione, così lo chiamava lei. Prima di raccogliere i frutti, Giuseppina se ne mangiava uno, tutto a modo suo.

Raccoglieva uno di quelli più maturi, come piaceva a lei, con la buccia che già cominciava a spaccarsi, lasciando intravedere un po’ di polpa succosa. Lo prendeva delicatamente tra le mani, cercando di non romperlo, poi cominciava a leccare la buccia sottile nel punto in cui era spaccata. La buccia era liscia e cedevole, e anche da fuori Giuseppina riusciva a sentire la morbidezza della polpa interna. Non c’era bisogno di un coltello per sbucciare il suo cachi, con la lingua pian piano finiva di aprire lo spacco della buccia, e la polpa dolcissima, molle e succulenta cominciava ad uscire da sola.

Giuseppina non riusciva a mangiarla così velocemente come la polpa usciva, per cui si ritrovava sempre con le mani e le labbra impiastricciate di quella morbida e dolce gelatina. Finiva allora di mangiare il frutto succhiandosi le dita e leccandosi le mani.  Il rito della pozione arancione era in realtà il piacere un po’ selvaggio di godersi il frutto tutto a modo suo.

Amata Terra

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Sabina Piras.

(La Sardegna) Terra ferita, terra amata
terra che mi hai stretta e cullata
visitata e ammirata dagli stranieri
occupata da ricchi e banchieri
mai avrei pensato di abbandonarti
ho preferito di più sacrificarmi
accontentandomi di piccoli lavori
svolti con fatica e poco retribuiti e sfruttati…
Terra ricca di vita e di emozioni
terra avara di lavoro e soluzioni
invidiata dalla sua stessa gente
che la denigra e poi se ne pente
violata col fuoco e con l’abusivismo
e intorno tanto menefreghismo
E quando è Lei a stancarsi
ci si sorprende a meravigliarsi
ci si chiede il motivo di tanto dolore
mentre la terra si tinge di uno strano colore
campi bruciati e alluvioni,
per poi scoprirci ‘piccoli uomini’
Terra ferita, terra amata…
un giorno sarai tu la predestinata
campi in fiore e campi da arare
fiumi e mari pescosi e pieni di vita
lavori per tutti e invidia bandita.
Un augurio a te che sei il mio futuro
cambia solo in meglio e… tieni duro