Capitolo 3: “9 Settembre 1916”

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Simona Gaudenzi.

Giulio si avvicinò il più possibile al piccolo specchio un po’ scurito e macchiato, appeso in camera dei suoi genitori. Era l’unico specchio che avevano in casa e sua madre lo custodiva gelosamente nella sua stanza. Veniva utilizzato solo nelle grandi occasioni.
La vita in campagna non lasciava spazio per queste cose. Con il freddo pungente d’inverno, il sole cocente d’estate, con la polvere della terra e il fango c’era bisogno d’altro. D’inverno un giaccone pesante per coprirsi meglio, d’estate le donne portavano un fazzoletto calato quasi sugli occhi e legato dietro la nuca per riparare la fronte dal sole, e poi scarponi comodi per camminare sulle zolle rialzate, erano queste le loro necessità, a questo pensavano prima di uscire di casa.
Ma quel giorno era diverso. In quella bella giornata settembrina lo specchio serviva. Giulio controllò i suoi capelli neri. Li aveva pettinati con cura, bagnando più volte il pettine con l’acqua e ora stavano diligentemente appiattiti e divisi da una riga perfetta sulla destra del capo. Si inumidì il dito con la saliva per mettere a posto un piccolo ciuffo ribelle.
Prese dall’armadio la divisa che gli avevano dato alcuni giorni prima al presidio militare, la indossò lentamente. Le sue grandi mani, indurite dal lavoro nei campi, gli rendevano difficile l’abbottonatura della lunga giacca. Si sentì impacciato e nervoso. Sua madre gli aveva detto che forse era meglio metterla in borsa, che si sarebbe rovinata durante il viaggio, ma lui aveva deciso di indossarla subito, gli dava la sensazione di sentirsi già un soldato, almeno così sperava. Non voleva partire, non voleva essere un soldato, ma doveva, e allora tanto valeva indossare la divisa.
Un raggio di sole entrava dalla finestra e dava luce ai semplici mobili di legno scuro che arredavano la stanza: un letto matrimoniale, un cassettone, un armadio a quattro ante. La finestra dava sul cortile con la grande fontana al centro, più in là una fila di alberi faceva da confine con la distesa dei campi che si perdevano in lontananza.
Giulio uscì dalla stanza, in cucina lo stava aspettando tutta la famiglia.
I visi seri ed emozionati di chi sta vivendo un momento diverso, qualche cosa di nuovo e inaspettato, piombato quasi all’improvviso nelle loro semplici vite contadine. 
Giuseppina gli corse incontro e lo abbracciò intorno alla vita.
“Sbrighiamoci, che faremo tardi” disse suo padre.
Lasciarono il casale incustodito, per la prima volta, e si incamminarono tutti verso il paese.
Sulla piazza c’era già la corriera, Giulio vide Sergio e Orlando, 20 anni come lui, vestiti in divisa accanto alle loro famiglie.
Abbracciò ad uno ad uno le sue sorelle e i suoi fratelli, la piccola Giuseppina gli saltò al collo: “Ti porterò un regalo” le promise.
Poi strinse forte e a lungo sua madre, abbracciò suo padre e salì sulla corriera.
Si sedette sul primo sedile, si voltò un momento a guardarli dal finestrino, poi si girò immediatamente e la corriera parti.

3 pensieri su “Capitolo 3: “9 Settembre 1916”


  1. Molto bello cara Simona.
    È bello conoscere l’infanzia di “zia Peppina” (la chiamava così mia mamma Maria). Abbiamo tutti bisogno di conoscere queste vicende e ti ringrazio sinceramente. Massimiliano


    • Grazie Massimiliano, mi ha fatto molto piacere vedere che hai letto il mio racconto. Ne scriveró qualche altro sulla mia amata nonna. È un omaggio che ho voluto farle, storie di vite lontane che spero non vadano del tutto perdute. Un abbraccio

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