Gerry

Questo articolo è stato scritto e pubblicato da Simona Gaudenzi.

Dicono che il tempo guarisca le ferite. Forse, ma è una cura troppo lenta, voglio liberarmi più in fretta del dolore che mi attanaglia, è insopportabile. Qualcuno mi ha detto: scrivi, la scrittura è uno sfogo dell’anima, ti farà bene. E allora ci provo, scriverò di lei, se questo può aiutarmi. Scriverò della piccola Gerry e della nostra piccola e indimenticabile storia.
Ho letto una volta che gli eventi importanti che ci accadono, gli incontri che diventano significativi nella nostra vita sono predestinati. Niente accade per caso, tutto ha un motivo, tutto ha un perché. È il macrocosmo che diventa microcosmo. Adesso ci credo.
Era il maggio del 2015, esattamente 7 anni fa. Vincenzo aveva scoperto ormai da quasi un anno il male che da lì a cinque mesi lo avrebbe portato via, eppure in una calda giornata di maggio mi disse: “perché non lo prendiamo?” Mi fece vedere su Facebook la foto di un gattino per il quale si cercava una famiglia che lo accogliesse. Rimasi sorpresa dalla sua richiesta, avevamo già tre gatte e poi non mi sembrava certo un periodo adatto per adottare un altro micio, con tutti i problemi che avevamo. Lui non stava ancora poi così male, ma sapevamo entrambi il destino della sua malattia, e così acconsentii. Pensai che forse avesse bisogno di un diversivo, un cucciolo allegro e giocherellone come sanno essere i piccoli di gatto.
Dopo due giorni, lo andammo a prendere. Era un minuscolo scricciolo impaurito, con il pelo nero ma con il musetto e i piedini bianchi. Sembrava avesse le scarpette.
Decisi di chiamarlo Gerry. In seguito, il veterinario ci disse che era femmina, ma ormai il nome era stato scelto e Gerry rimase.
Si ambientò subito, trascorse i primi tempi in casa nostra quasi sempre sul divano accanto a Vincenzo, giocherellava fino allo sfinimento con la sua grossa mano e poi si addormentava accanto a lui. Era nato un sodalizio.
Io avevo troppo da fare in quei giorni, troppi pensieri per la testa e non avevo l’animo predisposto verso questa piccola nuova arrivata. Mi bastava darle da mangiare e vedere che Vincenzo aveva trovato un diversivo nelle sue malinconiche giornate sul divano.
Nei mesi successivi tutto precipitò, l’aggravamento improvviso e velocissimo della sua malattia non ci diede modo di pensare ad altro, quell’estate fu un incubo ad occhi aperti. Esistevano solo il mio dolore e la sua sofferenza. Poi, verso la fine di settembre il suo calvario ebbe fine.
Iniziò la terza fase della mia vita. Fu allora che la piccola Gerry cominciò ad avere un suo ruolo. Lei faceva parte di questa terza fase, non esisteva prima, come le altre. Lei, nuova presenza, rappresentava in qualche modo la nuova famiglia che adesso eravamo.
Era la piccola di casa, discreta, delicata, piccolina. Rimase sempre di dimensioni ridotte, anche quando era ormai adulta. Cominciai ad amarla. C’era quando iniziò il periodo della depressione, c’era quando provai a risalire la china, cercando interessi e passioni, c’era nei momenti di solitudine e nelle serate in compagnia.
I tanti anni di vita trascorsi con i gatti mi hanno insegnato che, come gli uomini, hanno anche loro caratteri diversi. Lei era semplice, mai lamentosa, sempre allegra. Godeva di tutto. Si adattava a tutto. Ho sempre pensato che avrei potuto avere anche cento gatte se fossero state tutte come lei. Come tanti gatti era indipendente nell’affetto. Decideva lei quando volere le coccole, a volte la sera si acciambellava sulle mie gambe mentre ero sul divano e iniziava un ciclo di fusa. A volte invece preferiva le fusa da lontano. Non voleva avvicinarsi, ma bastava che addolcissi il tono di voce e cominciava a ronfare in lontananza. Lei c’era. E mi metteva allegria con la sua grande voglia di vivere e il suo star bene con niente.
Dicono che il numero 7 sia un numero magico. Ha tanti significati simbolici ed esoterici il numero 7. È Il numero della completezza. Sono passati 7 anni dal giorno in cui entrò timorosa per la prima volta in casa nostra.
In una mattina di maggio di 7 anni dopo sono passata in veranda per uscire. Eri sdraiata mollemente sul mobile per i gatti e ti godevi il sole. Ti ho vista bellissima, avrei voluto fermarmi per farti una foto, ma andavo di corsa. Ti ho fotografata nella mente, una zampetta penzolava pigra.
Poi sono tornata a casa, ho sbrigato le mie cose e verso mezzogiorno sono scesa per andare in piscina. La borsa pronta e il costume già indosso. Tu eri in casa, distesa in terra al centro dell’ingresso, sembravi riposare, invece te ne eri già andata. Mi avevi lasciato. Avevi lasciato lì solo il tuo piccolo corpo, ma tu non c’eri più. Mi hai lasciato silenziosamente e misteriosamente, così come sei sempre vissuta.
Piccola Gerry perché mi hai fatto questo? Lo strazio si è impadronito di me, non so per quanto tempo, ma poi all’improvviso ho compreso. Eravate già d’accordo tu e lui.
Sette anni dovevi stare con me, a vegliarmi, ad amarmi, a darmi allegria.
“Sette anni debbono bastare per una donna forte come te, adesso la riprendo io, adesso tornerà a giocare con le mie mani. Non straziarti, se ne è andata perché così doveva essere”.

6 pensieri su “Gerry


  1. Sono certo che Gerry ti abbia aiutato ad aprire tanti capitoli nuovi della tua vita. Ti avrá sicuramente detto, ora vai avanti tu…❤


      • Complimenti Simona, il tuo racconto mi colpisce molto, amo i gatti. Da piccola ne ho avuto diversi e di ognuno conservo un ricordo, un aneddoto, particolare.
        Condivido i tuoi sentimenti e ti confesso che proprio in questi giorni è arrivato a casa Ciccio, un meraviglioso micino!
        Grazie per la bella emozione!


  2. È un racconto davvero commovente soprattutto mi ha colpito questa reazione al dolore, vedere la vita oltre la morte, la tua resilienza.

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