Al Teatro Ghione di Roma Il fu mattia Pascal di Pirandello dal 10 al 13 febbraio 2022
Al Teatro Ghione come da buona tradizione si porta in scena un classico della nostra letteratura Il fu Mattia Pascal di Pirandello. La regia del lavoro teatrale è di Giorgio Marchesi, interprete anche di un singolare Mattia Pascal.
Le musiche, eseguite dal vivo, sono del musicista e compositore Raffaele Toninelli.
Il fu Mattia Pascal è il terzo romanzo di Pirandello, viene pubblicato nel 1904 prima a puntate sulla rivista “La Nuova Antologia” e poi nello stesso anno in volume. Il protagonista del romanzo è Mattia Pascal un giovane piccolo borghese, al centro di una vicenda paradossale.
L’incipit del romanzo è costituito da due premesse che fanno da cornice alle vicende che si susseguono per XVIII capitoli. A raccontare è Mattia Pascal che presenta se stesso come un personaggio dalla storia unica: ha vissuto due vite.
Egli racconta la sua giovinezza protetto dalla sua famiglia a Miragno, paesino della Liguria (nome di fantasia), della perdita del patrimonio di famiglia dopo la morte del padre, amministrato dal poco onesto Batta Malagna e del suo matrimonio con Romilda di cui non è innamorato. Da Romilda ha due gemelle che moriranno poco dopo la nascita, nello stesso tempo morirà anche la madre. Il fratello Berto gli affida 500 lire per provvedere alle spese dell’ultimo saluto. A questo punto Mattia decide di fuggire da una vita che non vuole e di cui si sente prigioniero. Viaggia verso Montecarlo dove gioca al Casinò e vince una bella somma. Soddisfatto del risultato vuole tornare a Miragno, ma sul treno per caso trova un giornale e scopre leggendo che lo hanno dato per morto, identificandolo con un cadavere trovato nelle sue terre. Mattia preso dalla rabbia intende tornare subito in paese, poi ci ripensa e vuole darsi un’altra possibilità: un’altra vita quella di Adriano Meis. Adriano si fermerà a Roma, si costruirà un’altra storia, altre origini, incontrerà nuovi amici e conoscenti, un’altra ragazza, Adriana. Presto, però si renderà conto che ha bisogno della sua vera identità. Lascia un biglietto sulla banchina del Tevere, facendo pensare ad un suicido. Torna a Miragno la moglie si è risposata, ha un figlio con un amico di infanzia Pomino. Mattia riprende la sua vita e il suo lavoro di bibliotecario, talvolta fa visita alla sua tomba. Decide di scrivere un memoriale della sua esistenza.
Si apre il sipario, una scenografia fissa, essenziale e il pubblico viene accolto dalle note che si levano dal contrabasso di Toninelli, accanto a lui Giorgio Marchesi, subito si avverte una certa complicità tra i due.
Il Mattia di Marchesi veste un frac bianco, un cilindro nero e indossa degli anfibi neri che avvicinano il personaggio al mondo di oggi.
L’interpretazione di Giorgio Marchesi è esilarante sin dalle prime battute, si lascia andare in un lungo e vivace monologo, prende per mano il pubblico e lo cala nelle pagine del romanzo di Pirandello.
La musica accompagna le parole di Mattia e talvolta si confonde ai toni acuti di lui. Il contrabasso di Toninelli diventa anch’esso un personaggio quando Marchesi vi appoggia il cilindro. Il racconto di Mattia talvolta diventa canzone e si assiste ad una sorta di staffetta tra le battute di Marchesi e il suono del contrabasso che sembra rispondere a stornello. Il nostro Mattia parla di sé con tono scanzonato, ironico e distaccato, si sdoppia e guarda se stesso vivere una vita che non sente sua, proprio come è nella poetica pirandelliana, quella dell’inetto. “La vita e la forma si alternano”. Marchesi parte dalla prefazione del romanzo, poi il monologo diventa un coro. Il nostro attore alias Mattia, proprio come fa un cantastorie, presenta Batta Malagna, Pomino, Romilda, Oliva e soprattutto è ossessionato da sua suocera, la vedova Pescatrice.
Marchesi di volta in volta si cala in ognuno di questi personaggi, solo con il tono della voce, con un piagnucolio, con un improperio o con una mimica aggressiva.
Il pubblico vuole applaudire, ma non osa rompere l’incantesimo e all’improvviso con un fragore musicale, le luci psicodeliche, il palcoscenico diventa una discoteca, la giacca del frac è sostituta da un bomber fluorescente Mattia diventa Adriano Meis, canta la sua ritrovata libertà, lascia la forma e si tuffa nella vita, come una farfalla che ha appena lasciato la sua crisalide. Mattia si reinventa in Adriano, si diverte a costruire un suo passato e si immerge nella vita romana. Marchesi con grande maestria riesce ad alternare il racconto ai momenti di riflessione critica di Mattia sulle esperienze vissute da Adriano nella famiglia Paleari. Ad un certo punto è ben messo in evidenza il sottile dolore del protagonista nel voler ritornare alla vecchia forma. Mattia lascia il bomber e veste nuovamente la giacca del frac.
Lo spettacolo si conclude con l’ironia iniziale e il tono tragicomico di Mattia nel congedare il lettore del suo memoriale. Il pubblico non si sente appesantito dal testo classico, è sorpreso dal novello Mattia che sembra quasi sedersi in platea e conversare con il vicino di poltrona, rompendo la quarta parete come nell’intenzione di Pirandello.
Grazie ad uno studio attento Giorgio Marchesi è riuscito a rivisitare il romanzo di Pirandello, rispettando la sua poetica e fondendola con le esigenze del pubblico moderno soprattutto giovanile che proprio in questo momento storico ha bisogno di nuovi stimoli culturali.
Maria Carmela Brandi